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Regianini
è considerato uno dei maggiori surrealisti italiani e chi ha avuto modo
di imbattersi in una sua opera non fatica a capire perché.
Di una potenza espressiva devastante, le sue opere
sono un pugno all'inconscio. I tratti netti e lucidi dei suoi soggetti
scavano nell'immaginario in modo tanto profondo da suscitare disagio.
Ogni quadro è cesellato, straripante di simboli,
ridondante di riferimenti eppure di una capacità di impatto così
immediata che basta uno sguardo per capire tutte le domande che l'autore
pone a chi guarda e a se stesso. Dominato dal suo relativismo
pessimista, Regianini, analizza la realtà con una perizia in fondo
ironica e in qualche maniera cinica. Non bada ai problemi accidentali e
contingenti e passa agli unici realmente necessari: la vita, la morte,
l'esistenza. Non con la presunzione di fornire risposte, solo con la
volontà di porre domande.
Quel ricorrere all'assurdo, al deforme, alla
sproporzione è il suo modo, quasi paradossalmente, più diretto per
giungere alla sostanza: adesso siamo qui, domani chissà.
Ed è per questo che i suoi sfondi acquistano, in
alcuni casi, un'importanza primaria: ogni tratto ci ricorda questa
ineluttabile verità. Anche il soggetto all'apparenza più innocuo va
diritto all'inconscio e risveglia quel senso di fragilità che da sempre
accompagna l'uomo.
Simone Stenti
Alla fermata del tram -
1977
Olio su tela - cm 40 x 80
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